Fontana dell' Elefante - Il Mito di Eliodoro
Descrizione
Si dice che la Fontana dell' Elefante prenda il nome di "U Liotru" dalla storpiatura dle nome di Eliodoro un famosissimo mago vissuto a Catania nella seconda metà dell' VIII secolo del quale la tradizione popolare ci ha tramandato molti incredibili fatti.
Una volta si dice che avesse donato ad un giovine un velocissimo cavallo, per fargli ottenere la palma nei giochi circensi. Dopo la vittoria, il destriero sparì, non essendo altro che un demonio in sembianze equine.
Eliodoro, quindi incarcerato, riguadagò la libertà corrompendo le guardie mediante l'offerta di tre libbre d'oro che poco dopo riacquistarono però la loro forma naturale: quella di una grossa pietra.
Venuto a conoscenza dei gravissimi fatti che turbavano la quiete dei catanesi, l'imperatore Costantino chiese che Eliodoro venisse condotto da lui. Il suo messo, giunto a Catania per arrestare il mago, fu convinto da Eliodoro a fare un bagno ristoratore prima della ripartenza. Na, nonappena i soldati si immersero nell'acqua, tutti quanti, Eliodoro compreso, si trovarono istantaneamente a Costantinopoli, nel bagno dell'Imperatore.
Condannato a morte da Costantino, nel momento in cui stava per eseguirsi la sentenza, Eliodoro domandò in grazia una catinella d'acqua tuffandocisi poi dentro e sparendo, dicendo " Chi mi vuole, mi cerchi in Catania !".
Al colmo del furore, l'Imperatore ordinò allora al suo messo di ripartire subito, affinchè, con ogni mezzo, riacciuffasse il prigioniero.
Ritrovato a Catania, quest'ultimo non oppose alcuna resistenza: docile e silenzioso, s'imbarcò, insieme all'inviato dell'Imperatore, su di una nave, da lui stesso costruita per via d'incantesimi, la quale, in un giorno e senza aiuto di remi, li trasportò a Costantinopoli, svanendo subito, appena approdata.
Avvertita dell'arrivo, la moglie del messo andò al porto ad accogliere il marito e vedendo l'infame mago lo apostrofò dicendo "Uomicciolo sporchissimo, tu sei quello che hai fatto viaggiare mio marito in Sicilia con tanto travaglio?!" sputandogli poi in faccia.
Eliodoro ghignando rispose "Ti farò ben presto pentire di avermi ingiuriato, e con tua somma vergogna!". In quel momento stesso, per un raggio di oltre venti miglia, si estinse ogni fuoco, senza che alcuno riuscisse a ottenere nemmeno una scintilla: l'unico fuoco acceso in tutta la zona fuoriusciva dal posteriore della moglie del messo di Costantino senza che per i tre giorni successivi nessuno riuscisse a spegnerlo.
Nuovamente ricondotto dinanzi al carnefice, Eliodoro, mentre stava per ricevere il colpo di grazia, si rese straordinariamente piccolo, infilandosi nella la manica destra del carnefice e uscendone dall'altra, gridando "Scampai la prima volta; questa è la seconda. Se mi volete, cercatemi a Catania!".
E disparve ancora, facendosi trasportare indietro a dorso del suo elefante.
A liberare Catania dai suoi sortilegi, accorse, il vescovo Leone detto il Taumaturgo che decise di stroncare definitivamente la magia di cui era esponente Eliodoro celebrando una solenne messa propiziatoria.
Eliodoro si mise a disturbare il rito in tutti i modi: ingombrando la mente dei fedeli con allucinanti visioni; facendo apparire i calvi improvvisamente capelluti, e viceversa; altri con corna di cervo, di bue, di caprone, oppure con orecchie d'asino, con barba di montone, con rostro di uccello, con denti di cinghiale e altre stravaganti sembianze, in modo da generare il riso. Ma terminata la messa, San Leone gli si avvicinò e gli gettò al collo la stola esorcizzandolo.
San Leone ed Eliodoro entrarono nel rogo preparato vicino alla chiesa e mentre il Santo ne uscì illeso il mago divenne istantaneamente un mucchio di cenere,
Il castigo inflitto a Eliodoro è ricordato, ancora oggi, da due piccole tele che si conservano, rispettivamente, nella sacristia della Cattedrale e nel nostro Museo Civico (sala 28, terzo scomparto).
Quanto all'elefante che aveva servito ai prestigi del mago, quale portentosa cavalcatura per i suoi rapidissimi viaggi da Catania a Costantinopoli e viceversa, dopo essere stato lungamente dimenticato, venne ricondotto in città dai padri Benedettini del monastero di S. Agata e posto ad adornare un antico arco o porta, detta, appunto, "di Liodoro" o "di lu Liòduro".
Fonte: Salvatore Lo Presti - Fatti e Leggende Catanesi - Edizione SEM Catania 1938.